Il feudo di Albis (Orosei e Galtellì)

Questa baronia per diploma 30 aprile 1449 fu dal re Alfonso conceduta ad Enrico di Guevara suo maggiordomo.
Esso Guevara per istrumento dello istesso giorno e per mezzo del dottore in leggi Nicolao de Montibus viceré di Sardegna suo procuratore ne fece vendita a Salvatore Guiso in feudo, secondo il costume d’Italia, per il prezzo di ducati 6.700 da soldi 40 cagliaritani, ossia da 10 gigliati d’argento napoletani cadauno.
A questa vendita il procuratore reale prestò il suo assenso e indi il 16 ottobre del medesimo anno l’istesso re don Alfonso la confermò con sua regia patente.
Dall’acquisitore passarono questi feudi ai suoi discendenti maschi sino a don Antonio Guiso, il quale essendo morto nel 1547 senza prole mascolina, lasciò al fisco patrimoniale il campo aperto di chiamarne il sequestro, cui infatti si divenne dalla procurazione reale sotto il 7 gennaio di quell’anno istesso.
Vi si oppose donna Violante figlia terzogenita di esso don Antonio, maritata a don Salvatore Guiso suo parente e nel 1555 ottenne sentenza favorevole, la quale fu poi confermata dal viceré nonostante i richiami del fisco.
Non mancò il procuratore fiscale di supplicar da tali sentenze al supremo consiglio di Aragona. E frattanto degni convenzione tra essa donna Violante e donna Francesca, o sia Flors de Espina moglie di don Giovanni de Cardona sua sorella primogenita (la secondogenita chiamavasi Anna, ed era maritata a don Gaspare Manca e Cariga, signore di Tiesi), mediante il qual aggiustamento promise essa Violante di cedere a sua sorella quattro delle ville costituenti la baronia: con che si obbligasse a far le spese della lite. Ma questa il 20 febbraio 1567 essendo poi stata decisa, le precedenti sentenze furono confermate.
Morta donna Violante, Antonio Guiso suo figliolo chiese l’investitura di tutte le otto ville componenti il feudo; ed essendosi opposta a tale domanda la cessionaria donna Francesca sua zia, uscì poi nel 1584 sentenza, in virtù di cui accordatasi ad esso Antonio l’investitura delle quattro ville possedute dalla fu sua madre, si mandò far dal fisco l’apprensione delle altre quattro a motivo che senza il regio assenso non si fossero potute né alienare né separare.
Da questa decisione entrambi, cioè il nipote e la zia avendo supplicato, furono nel 1589, rivocata prima l’apprensione, tutte le otto ville aggiudicate all’Antonio.
Ed essendo poi egli mancato di vita senza prole, gli succedette Giovanna Angiola sua sorella moglie di Gabriele Manca, la quale essendo pur morta dopo aver promossa la domanda dell’investitura, alla quale istanza sottentrò poi suo figlio Giovanni. Fabrizio, sotto il 15 febbraio 1590, fu ad istanza del fisco in contradditorio di lui finalmente pronunciata sentenza, con cui si mandò procedere al sequestro di tutti detti luoghi, assegnando frattanto le parti a far le loro prove.
Trovandosi la causa in questo stato il 30 maggio dell’istesso anno 1590 intervenne in essa donna Francesca Flors de Espina, chiedendo di essi luoghi l’aggiudicazione e l’investitura, come figlia maggiore e legittima erede dell’ultimo possessore dei medesimi don Antonio Guiso. E mentre si proseguiva la lite essendo mancata di vita, lasciò erede don Antonio di Cardona suo figlio primogenito, il quale avendo proseguito le istanze, ebbe poi sentenza del procurator reale sotto il 3 agosto 1593 colla quale, accordatasi l’investitura al Giovanni Fabrizio Manca Guiso, come erede della donna Angela sua madre ultima posseditrice delle accennate ville, fu riservato a lui proporre le sue ragioni nel petitorio.
Egli, non men che il fisco appellarono da tal decisione alla Reale Udienza, ma sotto il 19 febbraio 1594 fu la medesima confermata e lo fu poi anche dal Supremo Reale Consiglio in giudicio di supplicazione.
Esso don Antonio de Cardona propose in seguito avanti la Reale Udienza la rivendicazione di essi luoghi e dopo la morte di lui la lite fu continuata da don Gavino de Cardona, sinché il 10 giugno 1628 dal Supremo Consiglio fu proferita sentenza, in cui dicendosi che già sin dal 23 agosto 1622 il don Fabrizio Manca avesse ottenuto dalla Reale Udienza con voto del Supremo Consiglio sentenza favorevole nei meriti; sebbene fosse vero che il don Gavino de Cardona ne avesse supplicato a esso Consiglio: nel qual giudizio il suddetto don Fabrizio gli avea poi fatta l’eccezione che donna Francesca Guiso, ossia Flors de Espina, dalla quale come sua ava egli misurava le ragioni non fosse figlia legittima dell’ultimo possessore don Antonio Guiso, bensì spuria per esser nata da Maddalena Porcu, sua concubina, in tempo che viveva donna Angela Cadello sua prima moglie; onde a lui don Fabrizio spettassero i feudi controversi, come a pronipote di don Antonio, per mezzo di donna Violante Guiso, sua ava e figlia terzogenita legittima e naturale di essi don Antonio Guiso e Maddalena Porcu, procreata in tempo ch’esso don Antonio era passato con questa donna a seconde nozze. La qual eccezione nonostante il Consiglio avea mandato darsi l’investitura al suddetto don Gavino per essere risultato dal processo che i predetti Antonio Guiso e Maddalena Porcu avessero per il loro matrimonio ottenuta la dispensa apostolica, venne perciò tal sentenza confermata.
Ma questa decisione il 24 dicembre 1649 fu poi dall’istesso Supremo Consiglio riparata in favore del don Fabrizio, le cui eccezioni furono trovate giustificate. E con tal mezzo passò la baronia di Orosey e Galtellì nella casa d’Albis Manca (...).
Esso don Fabrizio ebbe due figlioli, cioè don Francesco primogenito, morto senza prole e don Antonio, in cui favore fu pronunciata quest’ultima sentenza.

NOTA: La famiglia Manca Guiso mantenne il feudo (sotto il nome di marchesato d’Albis) fino alla fine del XIX secolo. Con la morte, nel 1788, dell’ultimo Marchese, Raffaele, il feudo fu considerato devoluto dal fisco. Si oppose alla devoluzione la sorella del morto, Maria Maddalena sposata Amat, la quale ne ottenne la disponibilità con un compromesso. Ella però non riuscì ad onorare le clausole finanziarie, per cui nel 1808 il feudo fu considerato definitivamente devoluto; gli Amat conservarono il titolo di Marchese d’Albis.