Il Marchesato di Villacidro

Il procuratore reale Guglielmo de Trillea, volendo remunerare i servizi prestati alla corona da Giovanni Similleri, ed usando della facoltà che gli era stata conferita con dispaccio 1 giugno 1413 del Re don Alfonso, per istrumento 27 ottobre 1414 gli concedette in feudo secondo la consuetudine d’Italia l’incontrada di Parte Ippis con la villa di Serramanna ed altre situate nella stessa incontrada, con eccezione però di quella di Villacidro.
Il sovrano approvò poi con diploma 14 agosto 1420 la stessa concessione per Villacidro, con facoltà al concessionario di disporre di essa per testamento sia a favore di maschi che di femmine discendenti per linea retta; e questa estinta, di trasmetterla in infinito a fratelli e collaterali.
Essendo state successivamente cedute le ville di Serramanna e Villacidro ad Eusebio Gerp per certi suoi crediti, nel 1518 fu concessa al Gerp l’investitura nello stesso modo e forma con cui era stata accordata al primo concessionario e ai successivi possessori.
Ad Eusebio succedette Fabrizio, che fu investito da Carlo V con diploma 6 marzo 1534 ed essendo morto senza legittima successione, il fisco, in seguito ad ordine del procuratore reale 11 giugno 1543, ne prese possesso come di feudi devoluti.
Esposti all’incanto furono deliberati per lire 1.000 a Gerolamo Brondo nel 1594 con gli stessi privilegi, relativamente alla forma di successione, accordati al Fabrizio Gerp e ai suoi antecessori.
Gerolamo indicò nel testamento come erede suo figlio Tommaso, sostituendogli le sue due sorelle in caso che non fosse erede o morisse senza prole.
Accettò il Tommaso l’eredità e siccome gli nacque un figlio di nome Antonio che sopravvisse alle due sorelle chiamate per sostituzione in detta eredità, anche Tommaso fece testamento con cui lo nominò erede con la condizione che i beni sarebbero ricaduti nei suoi figli con prelazione del maggiore al minore. Mancando la linea maschile, sarebbero ricaduti in favore delle figlie dello stesso eredecon lo stesso ordine di successione dei maschi; ed in mancanza di figli maschi e femmine, dichiarò la successione dei trasversali con l’obbligo però di assumere il nome e le armi gentilizie.
Succeduto dunque Antonio, ottenne nel 1613 dal Re Filippo III inizialmente il titolo di Conte di Serramanna e successivamente nel 1627 quello di Marchese di Villacidro dal Re Filippo IV, dal quale sovrano per istrumento 5 settembre 1629 acquistò poi anche in libero e franco allodio la Planargia di Bosa.
Antonio, nel suo testamento, nominò erede Francesco Lussorio suo unico figlio con istituzione di primogenitura, con cui escluse le femmine in concorso di maschi anche più remoti.
Francesco Lussorio ebbe eredi tre figli maschi cioè Felice, Antonio ed Agostino, e gli successe Felice come primogenito. Avendo Felice sposato Donna Giovanna Crespi di Valdaura, ebbe da lei una sola femmina chiamata Maria Lodovica, che fu poi Contessa di Sumacarcel.
Morto il marito Giovanna pretese la tenuta e il possesso dei feudi ed altri beni da lui posseduti al tempo della sua morte per cautela delle sue doti e ragioni dotali, ascendenti esse doti a scudi 40.000, sborsate a mani di Donna Faustina di Castelvì de Hijar madre e curatrice del medesimo Felice, che in tal tempo era minore.
Si oppose alla domanda Don Antonio Brondo, fratello secondogenito del defunto, che, pretendendo spettare a sé la successione dei feudi, ne aveva già nel frattempo preso il possesso. Con sentenza del 13 luglio 1667, la Reale Udienza dichiarò che la Marchesa vedova dovesse essere mantenuta in possesso dei feudi e beni tenuti dal marito al tempo del suo decesso con intera soddisfazione delle sue doti e ragioni dotali.
Nell’anno 1668 insorse Donna Maria Lodovica Brondo, Contessa di Sumacarcel, pretendendo, come figlia unica del Marchese Don Felice, di essere immessa al possesso del Marchesato di Villacidro e di vari altri feudi specificati nella sua petizione e a quest’istanza si oppose pure Don Antonio. E siccome nel proseguimento della causa Don Antonio morì senza successione, sottentrò nella lite il fratello terzogenito Don Agostino, come immediato successore.
La Reale Udienza dichiarò il 19 marzo 1683, che la medesima Contessa, stante il consenso prestato dalla Donna Giovanna, dovesse venire immessa e mantenuta in possesso di tutti i feudi componenti il Marchesato; e siccome Antonio aveva acquistato come allodiali quelli della Planargia di Bosa, dovendo la successione essere regolata a norma del suo testamento, pronunciò che in virtù della primogenitura da lui istituita in favore dei maschi anche più remoti in linea con prelazione alle femmine prossimiori, dovesse il Don Agostino Brondo venire parimenti immesso e mantenuto nel possesso dei feudi e beni ad essa appartenenti; salve però sempre le ragioni dotali della predetta Giovanna Crespi, che ne era per un tal motivo testamentaria.
Dopo questa sentenza fu mossa a Maria Lodovica un’altra lite dal fisco, il quale pretese devoluto il feudo di Villacidro, sia per non constare che vi potessero succedere le femmine, che per non apparire lei stessa nella legittima successione.
Ma il 14 luglio 1696 la causa fu decisa in suo favore coerentemente all’altra sentenza del luglio 1667 nella lite vestita tra essa ed il Don Antonio Brondo.
Successe a Maria Lodovica Don Cristoforo Crespi Brondo suo primogenito ed erede universale in vigor di testamento 23 marzo 1730. Avendo avuto Cristoforo due figli, Giuseppe e Cristoforo, il Giuseppe ottenne il feudo e, essendo egli morto senza successione, sottentrò nel possesso il fratello Cristoforo, chiamato il Marchese del Gadillo, cui in luglio del 1755 fu concessa l’investitura.