I titoli feudali
di Francesco Loddo Canepa
All’epoca dell’abolizione dei feudi, il numero dei feudatari corrisponde a poco meno della metà del numero totale dei feudi (51 possessori su 106 feudi) (1). Ciò in quanto era frequentissimo il caso che feudi distinti con titoli diversi si trovassero riuniti nello stesso titolare.
Dei 106 feudi (non si calcola il salto di Cadreas, col quale i feudi ammontano a 107, perché non diede luogo a liquidazione) esistenti all’epoca dell’abolizione, può farsi la seguente classifica in rapporto ai titoli annessi ai medesimi:
Principati n°1, Ducati n°3, Marchesati n°28 (i titoli di marchese d’Albis, Villarios e Quirra sono mere qualifiche spettanti a possessori di aggregati di vari feudi, di diverse denominazioni), Contee n°21, Baronie n°31, Viscontadi n°2; Signorie n°10, Incontrade n°5, Scrivanie n°1, Salti n°2; Concessioni Enfiteutiche n°1, Senza speciale denominazione n°1; Totale n°106.
I 356 comuni infeudati si suddividono in:
n°185, appartenenti ai 7 feudatari residenti in Spagna (il Marchese di Quirra, la Baronessa di Posada e Contessa di Montalvo; il Marchese di Valdecalzana; il Marchese di Villacidro; il Duca di Mandas e Conte di Oliva; il Marchese di Orani, il Marchese di Villasor);
n° 143 appartenenti ai feudatari residenti in Sardegna;
n° 25 appartenenti alla corona;
n° 2 alla mitra di Cagliari;
n° 1 all’Ordine di S.Maurizio.
I feudi ed i titoli feudali non restano ordinariamente nelle famiglie che li ebbero in origine e i trapassi in nuovi casati per vendita (2), devoluzione ed estinzione di linea (3) sono frequenti. Il feudo di Quirra, concesso in origine ai Carroz (4) passa poi nella famiglia del Duca di Gandia Don Francesco Borja il 1675.
Controverso giudizialmente per quasi un secolo e mezzo fra vari pretendenti, fra cui il fisco, che ne esigeva la devoluzione, lo troviamo all’epoca dell’abolizione in possesso di Don Filippo Osorio Conte di Cervellon. Laconi e Sanluri, posseduti prima da Enrico Enriquez il 1479, rimasti fino a tarda epoca nella famiglia Castelvì, passano dal 1735 nella casa Aymerich che li possiede all’epoca dell’abolizione.
Non mancano casi di feudi rimasti dalla prima concessione fino alla fine del regime feudale in possesso dello stesso casato. Così il feudo di Furti, rimasto dal 1415 in poi (data della prima concessione) sempre nella famiglia Sanjust (5) e il feudo di Putifigari nella famiglia Boyl dal 1364. Invece le ville di Tiesi, Cheremule, Bessude (costituenti il Marchesato di Montemaggiore), che erano fin dal 1434 nella famiglia Manca passano in casa Cariga e Ravaneda per tornare poi nella famiglia Manca.
Fattore principalissimo dei passaggi dei feudi da un casato ad un altro è l’impropriazione feudale (accordata nei Parlamenti genericamente, a tutti i feudatari, o singolarmente per atti speciali) che giustifica tali frequenti passaggi da una famiglia in un’altra per linea femminile e per causa di matrimonio.
L’impropriazione, diventata generale negli ultimi secoli, fa sì che la donna succedente nel feudo, faccia passare questo dal casato proprio in quello del marito, quando nel feudo succede il figlio.
Il feudo di Senis, ad esempio, concesso il 1518 a Michele Margens, passato poco dopo per vendita a Francesca Margens moglie di Vincenzo Fagondo, si trasmette nel figlio di lei Monserrato Fagondo il 1569, passa da questi alla figlia di lui Elena Nin il 1592 e nella famiglia Nin Zatrillas lo troviamo all’epoca dell’abolizione. Teodora Botter, succeduta il 1599 per mancanza di prole maschile e in virtù dell’abilitazione concessa dai Parlamenti al padre Nicolò Botter, lasciava il feudo paterno di S.Sperate al figlio Nicola Porcella che riuniva in sé anche quelli del proprio padre. Aggiudicato questo feudo a Maria Porcella sua nipote ex fratre essendo egli morto improle, passa poi in Giambattista Fortesa, suo figlio, nel 1638 in seguito al matrimonio di lei con Francesco Fortesa.
Il feudo di Planu de Murtas, nella contrada di Cabuabbas, che il 1630 era posseduto da Angelo Virde, passa, per difetto di maschi, nella figlia Caterina Virde e poi, in mancanza di discendenti, si trasferisce (esempio tipico di impropriazione, dato che il feudo era stato concesso juxta morem Italiae) (5) nientemeno che nella linea collaterale femminile di Angelo e cioè in Donna Maria Manca Ledda pronipote del detto Angelo, dalla quale passa ancora, il 1722 nel figlio Don Ignazio Aymerich, per tornare poi nuovamente il 1780 nella linea Manca.
Questo riunirsi ed intrecciarsi di casati, spiega ancora come feudi appartenenti in origine a famiglie diverse si trovino conglobati con i rispettivi titoli nello stesso possessore. Mattia Cavaller, che acquista i feudi di Nureci e Asuni da Bernardo Simò il 1545, li riunisce, per permissione avutane, con quelli di Serrenti e Samassi. Il feudo allodiale di Musei (6) già della Compagnia di Gesù, viene concesso col titolo marchionale al Marchese di Villacidro Gioacchino Crespi di Valdaura, il 1785.
I feudi di Gioiosa Guardia della famiglia d’Aragall, si riuniscono con quelli della famiglia Bellit il 1510 per concessione regia. I feudi di Massa si uniscono nel secolo XV con quelli dei Carroz per il matrimonio di Beatrice figlia di Nicolò Carroz Barone di Terranova, con Pietro Massa de Liçana. In epoca recente (1723) Antonio Giuseppe Aymerich riunirà in sé per sentenza della R. Udienza il Marchesato di Laconi, il Viscontado di Sanluri e la Baronia di Plaghe che sotto di lui rimangono, con altri feudi, fino all’abolizione.
Così si spiega come uno stesso possessore, all’abolizione del feudo, riunisca in sé i molteplici titoli feudali di Marchese, Conte, Barone che gli spettano in quanto sono annessi ai singoli feudi che esso detiene (7). E tali titoli conserveranno i feudatari (in forza dei singoli atti di transazione) il diritto di portare e di trasmettere ai discendenti, anche dopo l’abolizione dei feudi.
E’ da notare ancora che la maggior parte dei titoli feudali più cospicui risalgono ad epoca assai tarda. Nelle memorie feudali del secolo XV, i luoghi concessi sono qualificati nei diplomi come incontrade e curatorie, meno frequentemente baronie, raramente contee (Quirra) e Marchesati (Oristano e Goceano).
Con la dominazione spagnola si moltiplicano le erezioni in contee e marchesati delle ville già concesse in feudo. Al 1537, per citare delle più antiche, rimonta l’erezione di Villasor in contea per ricompensa di servizi e al 1594 la successiva erezione in marchesato. Il 1507 è eretta in viscontado la signoria di Sanluri a favore di Pietro di Castelvì. A prescindere di moltissime altre (8).
Sotto il breve dominio austriaco, e sotto i Reali di Savoia si fanno sempre più frequenti le concessioni di nuovi titoli feudali. Alcune sono fatte nell’intento di ripopolare e di colonizzare località deserte o malsane, a non tener conto dello scopo fiscale, poiché i concessionari spesso non mancano di sborsare all’uopo rispettabili somme alla regia cassa. Esempi tipici sono l’erezione in ducato dell’isola di San Pietro (1737) a favore di Bernardo Genoves; della contea di S.Sofia a favore di Salvatore Lostia, del ducato dell’Asinara e Vallombrosa a favore di Antonio Manca Amat (1774 e 1817).
Altri titoli feudali furono creati in pro del concessionario, che si obbligava a certi oneri in favore della Regia Curia. Così nel caso tipico dell’erezione in principato (unica in tutta l’isola) dell’incontrada di Anglona e dell’incontrada di Monteacuto in ducato a favore di Maria Giuseppa Alfonso-Pimentel; del marchesato di Arcais creato il 1767 in favore di Don Damiano Nurra, cui furono infeudati i soli redditi civili dei Campidani di Oristano, restando alla corona la giurisdizione.
Dei casati originari dei concessionari alcuni sono già estinti (9) fin dall’epoca spagnola, altri si estinguono durante la dominazione sabauda e i loro feudi passano in casati diversi da quelli originari, che ormai non figurano più nella storia del feudo sardo, mentre le dominazioni primitive dei feudi concessi perdurano insignite da titoli superiori a quelli dati con le prime concessioni. Per confisca sono stati incorporati alla Corona il titolo di Marchese di Oristano e di Conte del Goceano. E’ scomparso, all’epoca dell’abolizione, il titolo di Duca di San Pietro concesso al citato Genoves, di erezione recente; quello di Marchese della Guardia, conferito a Don Antonio Geneves nel 1700; quello di Barone di Orosei, per la morte di Antonio Guiso, ultimo possessore, per cui la Baronia restò incorporata al Regio Patrimonio; quello di Marchese di Cea, essendo stato il Marchesato devoluto al Regio Patrimonio, pure per causa di confisca.
E’ da notare che la erezione in titoli feudali di terre, tenimenti, poderi, castelli, si verifica per lo più in epoca assai recente e già si osservò come trattisi di concessioni fatte unicamente ad honorem, prive degli elementi essenziali a costituire il feudo. Esse sono da distinguersi pertanto sia dalle concessioni feudali vere e proprie, perfette nei loro tre elementi, sia dalle altre imperfette con carattere prevalentemente beneficiario, ove la immunità tributaria e giurisdizionale ha importanza quasi nulla o accidentale, e dove sussiste il fine di accordare un vantaggio o un emolumento (fitto di terreni, di salti) al concessionario (10), oltre che quello di conferirgli un titolo ad honorem. Tra le accennate può citarsi l’erezione della terra di Villamarina in marchesato in favore di Don Pietro Pes, ai primi del secolo XVIII; il titolo di Duca di Vallombrosa aggiunto a quello di Duca dell’Asinara, in favore di Don Vincenzo Manca Amat con R. Diploma del 1817; l’erezione in marchesato in favore del Barone di Sorso (che aveva ceduto nel 1826 la Baronia della Crucca al Regio Erario) di alcune isole site nello stagno di Cagliari (l’isola di San Simone, altre isolette e peschiere), con la concessione al medesimo del titolo di Marchese di Las Conquistas; il titolo di Marchese di Santa Maria concesso a Don Luigi De Roma di Oristano il 1735; il titolo di Marchese accordato alla famiglia Vivaldi Pasqua.
Naturalmente queste ultime concessioni, a differenza di tante altre fatte nei secoli scorsi su salti spopolati, che abbiamo considerato imperfettamente feudali, sono fatte senza la formula del mero e misto impero e senza le clausole riguardanti i tributi. Figurano naturalmente, nei diplomi, le clausole relative alla successione del titolo feudale concesso.
Note:
Tra i grandi feudi: