Ordinamento dello Stato nobiliare Italiano

 

Approvato con Regio Decreto 7 giugno 1943, n. 651
Della prerogativa Regia e delle distinzioni nobiliari

 

Art.I
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E’ attribuito alla Sovrana Prerogativa del Re Imperatore:

Le norme giuridiche in materia nobiliare sono emanate mediante Decreti Reali controfirmati dal Capo del Governo. Esse sono inserite nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti e dell’avvenuta inserzione si dà annuncio nella Gazzetta Ufficiale, la quale provvede in pari tempo alla pubblicazione dell’atto inserito.

Art.II
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I titoli, i predicati e gli stemmi nobiliari sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto in conformità delle norme vigenti e si acquistano per successione.

Art.III
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Sono concessi dal Sovrano i titoli di Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone e Nobile.
Sono riconosciuti, oltre a quelli sopracitati, se derivano da antiche concessioni, anche i titoli di Signore, Cavaliere Ereditario, Patrizio e Nobile di determinate città.
Il titolo di Nobile è comune agli insigniti di ogni altro titolo.

Dei provvedimenti nobiliari

Art.IV
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I provvedimenti nobiliari sono o di grazia o di giustizia.
I provvedimenti di Grazia sono presi o Motu proprio o su proposta del Capo del Governo, ed emanati per Decreto Reale seguito da Regie Lettere Patenti; quelli di Giustizia sono emanati per decreto del Capo del Governo.
I provvedimenti nobiliari emanati mediante Decreti Reali sono controfirmati dal Capo del Governo, registrati alla Corte dei Conti, trascritti in apposito registro nel Regio Archivio di Stato di Roma e conservati in originale nell’Archivio della Consulta Araldica.
I provvedimenti nobiliari conferiscono diritti personali o ereditari.

Art.V
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Oltre a tutti quegli altri che al Re Imperatore piacesse di disporre sono provvedimenti di grazia:

Art.VI
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Sono provvedimenti di giustizia:

Norme generali per la concessione, il riconoscimento e la perdita delle distinzioni nobiliari

Art.VII
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Non si riconoscono distinzioni nobiliari, se non si possa giustificare la originaria concessione od altro modo legittimo di acquisto e la legittima devoluzione a favore di chi le invoca o le usa.
Il rescritto o qualsiasi altro atto Sovrano di concessione di un titolo, non seguito dalle altre formalità necessarie e dal rilascio del diploma nella forma consueta, non è sufficiente per il riconoscimento di quel titolo.

Art.VIII
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Il diritto al riconoscimento di distinzioni nobiliari non si estingue per decorso di tempo né si acquista per lungo uso delle distinzioni nobiliari.

Art.IX
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Le distinzioni nobiliari non possono formare oggetto di private disposizioni per atti tra vivi o di ultima volontà.

Art.X
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La refuta di un titolo che non sia di Principe o di Duca, mediante rassegna di esso al Re Imperatore da parte dell’intestatario di più titoli, può essere accettata con atto Sovrano portante rinnovazione del titolo a favore di un discendente maschio ultrogenito o, in difetto di discendenti maschi, a favore di un fratello dell’intestatario da costui designato, purchè non sia il titolo di uso della famiglia e risulti da scrittura autentica il consenso di tutti i successibili intermedi. Se fra questi successibili intermedi vi fossero dei minorenni, la refuta non potrà aver luogo, prima che trascorso almeno un anno dal raggiungimento della rispettiva maggiore età, ciascuno di essi abbia prestato il proprio consenso.

Art.XI
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La nobiltà di sangue si acquista dal giorno della nascita; la nobiltà per Grazia Sovrana dal giorno della concessione.

Art.XII
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La moglie segue la condizione nobiliare del marito e la conserva anche durante lo stato vedovile.

Art.XIII
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Nel caso di parto plurimo si considera primogenito il primo venuto alla luce.

Art.XIV
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Il titolo di Patrizio e quello di Nobile di una determinata Città è ammesso a favore dei legittimi discendenti di coloro che erano iscritti nei rispettivi ceti delle città, nelle quali esisteva una nobiltà civica o decurionale.
Per le città dove esistono Libri d’Oro, o analoghi albi ufficiali aggiornati sino all’epoca in cui cessarono di aver vigore le antiche legislazioni, il titolo è riconosciuto ai legittimi discendenti per linea maschile degli ultimi iscritti.

Art.XV
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Non è ammesso il riconoscimento degli antichi ceti o corpi cittadini o regionale di insigniti di titoli diversi da quelli del patriziato o della nobiltà civica o decurionale.

Art.XVI
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Su domanda degli interessati, mediante decreto del Capo del Governo, può essere consentito ai primogeniti, capi di famiglie, insignite di titoli ex feudali, di appoggiare il loro titolo principale al cognome oltre che al predicato feudale.

Art.XVII
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Nella concessione ad ultrogeniti di titolo uguale a quello di cui il primogenito sia già insignito, il titolo di nuova concessione deve sempre essere appoggiato al cognome preceduto dal nome del nuovo investito.

Art.XVIII
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Il possesso di un territorio ex feudale o di altro territorio, al quale un tempo era annesso un titolo, non conferisce al presente possessore il diritto di assumere quel titolo, né il relativo predicato, né la facoltà di richiederne la rinnovazione.

Art.IXX
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Il titolo di Barone su predicato feudale dell’antico Regno delle Due Sicilie può con Regio Decreto di convalida esser riconosciuto a colui che, ove la feudalità avesse continuato a sussistere, sarebbe stato chiamato, al 7 settembre 1926, l’intestatario del feudo e ai suoi discendenti a norma del presente Ordinamento, sempre che il possessore del feudo all’abolizione della feudalità avesse posseduto feudo nobile insignito di effettiva giurisdizione e dell’investitura Sovrana.

Art.XX
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I titoli del Sacro Romano Impero conferiti a famiglie italiane sono riconosciuti con provvedimento di giustizia. Essi non sono rinnovabili né passano da una in altra famiglia.
Il titolo di Conte Palatino non è trasmissibile, né rinnovabile, senza speciale disposizione del diploma di concessione, salvo i riconoscimenti legittimamente già avvenuti.
Il titolo di Conte Palatino non si riconosce come titolo gentilizio e trasmissibile, quando sia stato concesso ai componenti di un determinato Collegio o agli investiti pro tempore di un ufficio, o sia stato concesso da delegati del papa o dell’imperatore, salvi gli effetti dei riconoscimenti già avvenuti.

Art.XXI
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I titoli conferiti da Napoleone I, sia come Re d’Italia sia come Imperatore dei Francesi, e quelli conferiti dai Sovrani da lui creati in Italia, a cittadini italiani non sono trasmissibili né rinnovabili, se alla data della concessione, non fu costituito un prescritto maggiorasco, salvo speciale dispensa dall’obbligo di costituirlo, risultante dal diploma di concessione.

Art.XXII
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Sono considerati titoli italiani e ad essi equiparati quelli concessi ai propri sudditi italiani da Sovrani stranieri, che regnarono in Italia prima dell’unificazione nazionale.
Se tali titoli furono concessi a stranieri, i cui discendenti abbiano acquistato la cittadinanza italiana per effetto dell’unificazione o in virtù di decreto di naturalizzazione, i detti titoli sono parimenti considerati titoli italiani.

Art.XXIII
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I titoli stranieri posseduti da antico tempo da cittadini italiani e già autorizzati o abilitati dalle competenti autorità degli antichi Stati italiani prima dell’unificazione politica, sono riconosciuti con decreto del Capo del Governo ai legittimi possessori e alla loro discendenza maschile, nei limiti della concessione o, in difetto, nei limiti della esecutoria o dell’antico riconoscimento.
In qualunque altro caso gli interessati, per ottenere il riconoscimento di questi titoli, dovranno produrre un attestato del Governo dello Stato dal quale proviene il titolo, che ne confermi la spettanza all’istante, o che certifichi dell’autenticità del documento di originaria concessione.
Ugualmente i titoli conferiti dalla Repubblica di San Marino prima del 1860 sono autorizzati con provvedimento di giustizia.

Art.XXIV
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Lo straniero residente nel Regno, legalmente investito di titolo concesso da Potenze estere, può essere autorizzato con decreto ad personam del Capo del Governo, a farne uso del Regno, previa produzione di un attestato dell’autorità competente dello Stato dal quale il titolo promana, che confermi il suo diritto al titolo.
E’ in facoltà del Capo del Governo di far luogo al riconoscimento o all’autorizzazione prevista dall’articolo precedente e da quest’articolo, qualora consti del rifiuto dello Stato estero a rilasciare simile attestato, ma risulti che l’istante cittadino italiano o straniero residente nel Regno si trovi nel legittimo possesso del titolo.
Tale autorizzazione è estesa agli stranieri insigniti di titoli nobiliari pontifici.
In ogni caso, non potrà essere consentito l’uso nel Regno di qualifiche o trattamenti inerenti a titoli stranieri non ammessi per titoli italiani.

Art.XXV
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Non è ammesso l’uso dei titoli di Grande di Spagna e di Magnate di Ungheria. Tuttavia, sempre che tali titoli siano concessi da Sovrani che effettivamente regnarono in Italia e siano stati resi esecutori nel Regno, sono, su richiesta degli interessati, annotati come qualifiche storiche nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana.

Art.XXVI
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I titoli nobiliari pontifici dei quali è ammessa l’autorizzazione all’uso sono quelli di Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone e Nobile.
L’autorizzazione può essere data se i titoli sono appoggiati sul cognome o a predicati del territorio della Città del Vaticano o ad altri, purché puramente onorifici. L’uso dei titoli e dei predicati anzidetti è autorizzato con provvedimento Sovrano con le stesse condizioni di trasmissibilità contemplate nel Breve Pontificio di concessione.

Art.XXVII
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E’ ammessa anche l’autorizzazione all’uso- fatti in ogni caso salvi i diritti storici dei terzi- degli stemmi conferiti dal Sommo Pontefice alle persone indicate all’art. 5 del R.Decreto 10 luglio 1930, n.974, agli ecclesiastici, agli ordini religiosi e agli enti ecclesiastici in genere.

Art.XXVIII
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In generale, e salva sempre la Reale prerogativa del Motu proprio, i titoli di nuova concessione non comportano l’aggiunzione di predicati e debbono essere esclusi specialmente i nomi di Città e di Comuni e quelli di antichi feudi.
Le concessioni di predicati onorifici sono riservate, in via eccezionale, per rimunerare coloro che, con servizi eminenti, si siano resi benemeriti della Patria.

Art.XXIX
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Le famiglie o gli individui che posseggano uno stemma gentilizio o ne ottengano la concessione o il riconoscimento debbono farne uso con le ornamentazioni proprie delle loro rispettive qualità o dignità conformemente al Regolamento per la Consulta Araldica del Regno.
L’emblema araldico della Basilica è riconosciuto ai capi delle famiglie papali e di quelle che ne hanno ottenuta speciale concessione.
L’uso del cimiero in forma di corno dogale spetta ai Patrizi Veneti discendenti per linea retta maschile dai Dogi di Venezia.
Se la discendenza diretta maschile sia estinta, l’uso del corno dogale può essere riconosciuto a favore della linea collaterale agnatizia più vicina.
Il Capo del Littorio viene innalzato dalle Province, dai Comuni, dagli Enti e dai privati negli stemmi di spettanza con le modalità disposte dal R.Decreto 12 ottobre 1933, n. 1440.

Art.XXX
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E’ ammesso il riconoscimento di stemmi di cittadinanza a famiglie non nobili, ma di distinta civiltà, che possano provare con documenti autentici o riproduzioni di monumenti di goderne da un secolo il legittimo possesso.

Art.XXXI
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Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle Province e dei Comuni non possono essere modificati. Il Commissario del Re Imperatore determina la forma di quelli di nuova concessione.

Art.XXXII
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Il titolo di Città può essere concesso a Comuni ai quali non sia stato già riconosciuto, insigni per ricordi e monumenti storici o per attuale importanza, purché abbiamo provveduto lodevolmente a tutti i pubblici servizi e in particolar modo alla pubblica assistenza.

Art.XXXIII
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Con Decreti Reali, su proposta del Capo del Governo, sentito il parere della Consulta Araldica, le persone insignite di titoli o di altri attributi nobiliari, o aventi diritto a succedervi, possono esserne privati per azioni nocive agli interessi della Nazione, per infedeltà verso il Re Imperatore, la Patria ed il Regime, per mancanza all’onore e per fatti che in qualunque modo ne dimostrino la morale indegnità, anche se tali fatti non costituiscano reati previsti dal Codice Penale o da leggi speciali, e non diano luogo a condanne che importino la perdita delle distinzioni nobiliari.
Alla stessa disposizione sono soggetti anche coloro che per lo scopo, incontestabilmente accertato, di eludere leggi dello Stato abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana e non l’abbiano riacquistata, oppure che ne siano stati privati per effetto di leggi o di Decreti Reali.

Art.XXXIV
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Nei casi preveduti dal primo comma dell’articolo precedente, i titoli nobiliari saranno riconosciuti all’immediato legittimo successore.
Se la privazione delle distinzioni nobiliari sia stata disposta per i casi previsti dal secondo comma e i figli e gli altri discendenti, immediati successibili di coloro che sono stati colpiti da quei provvedimenti, siano divenuti anche essi stranieri e non abbiano ancora raggiunto la maggiore età, la devoluzione di quelle distinzioni avverrà a favore del primogenito e della sua discendenza dopo che egli abbia recuperato la cittadinanza italiana.

Art.XXXV
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La riabilitazione di coloro che per condanne penali siano soggetti all’interdizione dai pubblici uffici non produce alcun effetto sulla decadenza delle distinzioni nobiliari a norma dell’art. 33.

Art.XXXVI
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Spetta alle Commissioni Araldiche Regionali di trasmettere al Commissario del Re Imperatore segnalazione documentata sull’uso illegittimo di titoli e distinzioni nobiliari.

Art.XXXVII
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Il Procuratore Generale del Re Imperatore presso la Corte di Appello trasmetterà alla Cancelleria della Consulta Araldica copia della sentenza che importi condanna di persona iscritta nell’Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana a pene e per reati che possano avere effetti sullo stato nobiliare, anche ai sensi del presente Ordinamento. La trasmissione deve eseguirsi entro un mese dal giorno in cui la sentenza è diventata irrevocabile.

Del trattamento e delle qualifiche nobiliari

Art.XXXVIII
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Ai titoli nobiliari non sono attribuite qualifiche o trattamenti, senza speciali concessioni del Re Imperatore.
In Italia il Gran Maestro del S.M.O. di Malta gode il titolo di Principe e il trattamento di Altezza Eminentissima.

Art.XXXIX
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Spetta la qualifica di “Donna” alle consorti dei personaggi indicati nelle categorie 1° e 2° dell’Ordine delle precedenze a Corte e nelle funzioni pubbliche secondo le disposizioni dei Regi Decreti che regolano tale materia.
La suddetta qualifica si conserva per tutto lo stato vedovile.
Sono mantenute le qualifiche di “Don” e di “Donna”:

Sono mantenute ai Patrizi Veneti le qualifiche di “Nobil Homo” (N.H.) e di “Nobil Donna” (N.D.).

Statuto delle successioni ai titoli e attributi nobiliari

Art.XL
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Le successioni dei titoli, predicati e attributi nobiliari hanno luogo a favore dell’agnazione maschile dell’ultimo investito, per ordine di primogenitura, senza limitazione di gradi, con preferenza della linea sul grado.
I chiamati alla successione debbono discendere per maschi dallo stipite comune, primo investito del titolo.
I titoli, i predicati e gli attributi nobiliari non si trasmettono per linea femminile, salvo quanto dispone il primo capoverso dell’art. 45

Art.XLI
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I figli naturali, ancorché riconosciuti, non succedono nei titoli e predicati nobiliari.
I figli legittimati per susseguente matrimonio succedono nei titoli e predicati al pari dei figli legittimi. Gli effetti della legittimazione, rispetto alla successione dei titoli, quando il riconoscimento è posteriore al matrimonio, prendono data dal giorno del riconoscimento.
I figli legittimati per Decreto Reale possono succedere nei titoli e predicati del padre con autorizzazione Sovrana data con Lettere Patenti di Regio Assenso, purché questi non abbia già figli o discendenti legittimi o legittimati per susseguente matrimonio od altri successori che abbiano diritto al titolo.
Se la legittimazione interviene dopo la morte del padre, gli effetti della stessa rispetto alla successione nei titoli risalgono alla data di quella morte, purché entro un anno dalla medesima la domanda di legittimazione sia stata proposta.
Pei legittimati ai sensi dell’art.124 del R. Decreto 30 marzo 1942, n.318, contenente le disposizioni transitorie per l’applicazione del Codice civile, gli effetti della legittimazione rispetto alla successione nei titoli risalgono alla morte del padre, se questa è avvenuta nel biennio anteriore all’entrata in vigore del Libro I del Codice civile (1° luglio 1939); in caso diverso, gli effetti risalgono al 1° luglio 1937.
Gli interessati, nel caso previsto dal precedente capoverso, devono entro un anno dalla pubblicazione del presente Ordinamento proporre la relativa domanda. Sono salvi i diritti dei terzi già riconosciuti con formale provvedimento.

Art.XLII
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I figli adottivi non succedono nei diritti nobiliari dell’adottante.

Art.XLIII
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Ferma stante la disposizione dell’art. 40, i titoli, i predicati, le qualifiche o gli stemmi nobiliari, concessi oltre che ai maschi anche alle femmine, spettano durante lo stato nubile alle medesime, qualunque sia la loro posizione in linea e non danno luogo a successione.
Nello stato matrimoniale esse non possono farne uso, se non applicando il titolo nobiliare al cognome di nascita preceduto dal qualificativo “nata”.
Agli ultrogeniti di famiglie insignite di titoli primogeniali è attribuito, oltre alla semplice nobiltà, il diritto di aggiungere al cognome l’appellativo del titolo e predicato del primogenito preceduto dal segnacaso “dei”.
Quando i titoli e predicati primogeniali siano parecchi, i discendenti aggiungono dopo il segnacaso “dei” l’appellativo di quel titolo e predicato che fa parte del nome d’uso della famiglia, salva diversa tradizione storica familiare da riconoscersi di volta in volta dalla Consulta Araldica.

Art.XLIV
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Quando uno o più titoli o predicati nobiliari siano passati in altra famiglia, il diritto al predicato preceduto dal segnacaso “dei” spetta ai membri della famiglia che ha perduto i titoli, nati prima del passaggio, e a quelli della famiglia in cui sono pervenuti, nati dopo il passaggio.

Art.XLV
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I titoli e predicati, provenienti da donne, che prima del 7 settembre 1926 sono legalmente passati alla loro discendenza maschile, continuano a devolversi dopo gli avvenuti riconoscimenti alla stessa discendenza, secondo le norme stabilite dall’art. 40.
Tali titoli per le successioni verificatesi dopo l’entrata in vigore del Regolamento per la Consulta Araldica, approvato con R. Decreto del 5 luglio 1896, n.314, s’intendono legalmente pervenuti alla discendenza maschili delle suindicate donne, allorché le Lettere Patenti di Regio Assenso, prescritte nell’art. 31 del citato Regolamento siano state emesse prima del 7 settembre 1926.
Se prima di tale data le Lettere Patenti siano state richieste nei modi di legge, il rilascio delle medesime potrà tuttora aver luogo con effetto di legittimare la devoluzione dei titoli a favore della suddetta discendenza maschile.
Estinte le linee maschili, aventi per stipite comune la femmina intestataria del titolo, questo con gli annessi predicati ritorna, previe Lettere Patenti di Regio Assenso, all’agnazione maschile della famiglia alla quale apparteneva nel giorno della promulgazione delle leggi abolitivedella feudalità, osservate le norme stabilite dall’art.40.

Art.XLVI
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I titoli e i predicati che, fuori del caso previsto dal secondo comma dell’art. 43, al 7 settembre 1926 erano già pervenuti in femmine ancora nubili, passano dal giorno del loro matrimonio e, se non prendono marito, alla loro morte, all’agnazione maschile della famiglia, alla quale la donna appartiene, osservate le norme dell’art.40.
Se i titoli e i predicati sono pervenuti a donne già maritate al 7 settembre 1926, il passaggio all’agnazione maschile delle famiglie donde esse provengono, avviene nel giorno della loro morte restando senza effetto le Lettere Patenti di Regio Assenso già date a loro favore per quanto riguarda la trasmissibilità dei titoli ai loro discendenti.
Il figlio primogenito tuttavia o in mancanza di questo la figlia primogenita della donna i cui titoli sono passati all’agnazione maschile delle famiglie donde essi provengono, con atto Sovrano di concessione possono ottenere sul cognome un titolo di pari dignità di quello o di uno di quelli già di spettanza delle donne da cui discendono, restando riservato l’uso dei predicati esclusivamente alle agnazioni maschili delle famiglie di origine delle donne stesse.
La trasmissione del detto titolo ha luogo alle norme dell’art.40.

Art.XLVII
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Non è consentito al marito di donna titolata usare maritale nomine titoli della moglie vivente o defunta.
E’ tuttavia conservato tale diritto a coloro che, alla data del 7 settembre 1926, portavano legalmente titoli nobiliari della moglie stessa.
Essi dopo la morte della moglie possono usare il titolo principale di lei, senza il predicato e non oltre lo stato vedovile.

Art.XLVIII
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Sulla domanda dell’intestatario di uno o più titoli può essere consentito, con decreto del Capo del Governo, che il figlio primogenito e, in difetto, il primo chiamato alla successione nei titoli, usi durante la vita dell’intestatario medesimo uno dei titoli che non sia quello di uso della famiglia.
Sono conservati i diritti degli investiti di uno o più titoli per anticipata successione legalmente consentita.

Art.IL
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Qualora a seguito di dichiarazione legale di assenza, sia stata autorizzata l’immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente, colui che, nel caso di morte dell’assente, sarebbe chiamato a succedergli nei titoli e attributi nobiliari, può ottenere di essere autorizzato ad assumere e trasmettere con Decreto Reale di convalida i titoli suddetti.
Gli effetti di questa autorizzazione cessano di pieno diritto, se l’assente ritorna o ne viene comunque provata la sua esistenza.

Art.L
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L’assunzione, l’uso e la trasmissione di un cognome, neppure in caso di adozione, implicano il conseguimento dei titoli e degli attributi nobiliari ad esso connessi.
Quando si chieda il cambiamento o l’aggiunta di un cognome che interessi lo stato nobiliare deve essere sentito il parere del Commissario del Re Imperatore presso la Consulta Araldica.
Non si concedono il cambiamento o le aggiunte di cognomi di importanza storica nobiliare.

 

Estratto dal Regolamento per la consulta araldica del Regno

 Approvato con Regio Decreto 7 giugno 1943, n. 652

I - Della presentazione e della formulazione delle domande

Art. 1
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Le domande per i diversi provvedimenti devono essere presentate, formulate e corredate come appresso:

§ I – Per i provvedimenti inerenti

II-Delle prove

Art. 2
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I diplomi e i documenti che si producono devono essere in originale o in copia autentica, rilasciati dai Regi Archivi di Stato e notarili, da quelli delle Curie Vescovili e di altri Enti di diritto pubblico, dal S.M.O. di Malta o da altri ordini cavallereschi italiani o desunta dai protocolli notarili anteriori al 1860; salva alla Consulta Araldica la facoltà di chiedere prove integrative di autenticità.
In difetto del diploma originario di concessione o di riconoscimento, può prodursi il più recente atto autentico di investitura, di intestazione negli Elenchi Ufficiali, di conferma o di riconoscimento.
Non si ammettono copie notarili di diplomi e documenti esistenti presso gli interessati.

Art. 3
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Le prove genealogiche devono risultare dalla produzione delle copie integrali degli atti di nascita, matrimonio e morte, grado per grado, di tutti gli individui compresi nella dimostrazione genealogica.
Gli atti di stato civile, nei casi di legittimazione dei figli per susseguente matrimonio, ai sensi degli art. 280 e segg. del Codice Civile, devono prodursi con l’annotazione dell’avvenuta legittimazione.
Egualmente deve provvedersi per la legittimazione mediante Decreto Reale.

Art. 4
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Le prove degli stemmi si danno o mediante l’atto di concessione o mediante la dimostrazione di un possesso a termini dell’art.1140 del Codice Civile, con la produzione di fotografie di monumenti, lapidi, opere d’arte, esposte al pubblico da almeno 100 anni.
Le fotografie dovranno essere autenticate dai competenti uffici delle belle arti.
Le prove degli stemmi, per le famiglie nobili, si danno mediante l’atto di concessione, o mediante la dimostrazione di un possesso di uso pubblico e pacifico dello stemma stesso, per trenta anni.

Art. 5 e 6
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(omissis)

Art. 7
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La semplice prova del possesso, per quanto continuata nel tempo, non giustifica l’uso di capi, cimieri, motti, corone, manti, ornamentazioni araldiche e altri segni particolari.
Essi devono essere giustificati da documenti.

Art. 8
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In mancanza di prove dirette sono ammesse quelle per equipollenti. Non sono ammesse, come prova, le attestazioni giudiziali, né l’enunciazione di titoli nobiliari in atti di stato civile di pubblici ufficiali, di notai, di autorità municipali.
Gli atti di notorietà possono essere ammessi nel solo caso che sia impossibile, per eventi di forza maggiore, la dimostrazione diretta e per accertare fatti che non eccedono la memoria d’uomo, sempre però con l’enunciazione delle fonti di provenienza.
Si ammettono altresì gli attestati delle Commissioni Regionali riguardanti le famiglie titolate della regione derivanti dagli atti di archivio della Commissione.

Art. 9
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La nobiltà, gli stemmi e le genealogie, già approvate da Tribunali, degli Uffici o Commissioni Araldiche degli antichi stati italiani o dai Grandi Magisteri del S.O.M di Malta e di altri antichi Ordini militari cavallereschi italiani, che esigevano le prove di nobiltà, sono ammesse senza ulteriore documentazione, con la produzione delle relative sentenze o processi di giustizia, esclusi quelli per grazia ed esclusa l’enunciazione di titoli specifici e feudali.

Art. 10
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Le domande di riconoscimento per lungo uso presentate dopo il 31 dicembre 1932, non sono più ammesse; le istanze, che fossero state respinte per qualsiasi motivo prima di tale data, non potranno essere ripresentate.

Art. 11
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I documenti in lingua straniera devono essere prodotti insieme con la traduzione in italiano dichiarata autentica dal competente Ufficio presso il Ministero della Giustizia.
Dei documenti antichi in lingua latina o italiana si può richiedere la trascrizione autentica dal Regio Archivio di Stato della circoscrizione.