La Chiesa della Speranza (Cagliari)
di Michele Aymerich
Cenni storici
![]() Chiesa della Speranza |
La Chiesa di N.S. della Speranza, nota anche come cappella gentilizia degli Aymerich, sorge in prossimità della cattedrale, tra via Fossario e via Duomo, anticamente chiamata carrers dels Pelliciers, la via dei Pellicciai, nota anche come "sa ruga de sa speranza".
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![]() Ingresso |
Ha inoltre un importante valore storico: qui
infatti si riuniva il braccio militare del Parlamento sardo, comprendente
la nobiltà sarda e presieduto dal Marchese di Laconi come prima voce.
Il braccio reale, costituito dai sindaci delle città regie, si ritrovava
nel Palazzo di Città, mentre il braccio ecclesiastico, con i vescovi delle
diocesi sarde, si riuniva nell'arcivescovado: questi tre "bracci" o "stamenti"
venivano poi convocati in seduta plenaria alla presenza del viceré in
Cattedrale. |
![]() Stemma |
L’edificio, di ridotte dimensioni,
denota già nella facciata, molto semplice, le caratteristiche delle
architetture gotico-catalane con un portale architravato su mensole, un
arco modanato impostato su colonnine con triplici capitelli ad ornato floreale
e infine un arco pensile su capitelli fitomorfi che funge da sopracciglio.
Al di sopra, si hanno invece due finestrelle forse più tarde e un
terminale piatto con campaniletto a vela. Tra le due finestrelle si trova
lo stemma degli Aymerich. L’interno si presenta come un’aula rettangolare molto semplice coperta con volte a crociera, con una campata completa e due mezze campate, tutte con costoloni modanati e chiave di volta. Sul fondo si nota un grande arco, dietro l’altare, murato, così come una porticina nell’ultima cappella laterale: qui si potrebbe pensare che all’origine si entrasse dalla parte opposta, cioè dal lato di via Fossario. Le finestre rettangolari aperte in alto, in contrasto con le linee gotiche della Chiesa, potrebbero essere successive, così come le tre cappelle sul lato destro, di cui la centrale quadrata e le altre due rettangolari: hanno anch’esse volte a crociera in stile gotico-catalano, ma l’imposta dei costoloni, la loro modanatura e il trattamento dei rosoni delle chiavi di volta fa pensare che esse siano state costruite successivamente, ma sempre nel giro di qualche decennio. Comunicano con l’ambiente centrale mediante tre archi a tutto sesto, e tra di loro mediante due archi sempre a tutto sesto. I tre gruppi scultorei posti nei tre altari sono invece del secolo scorso, e non facevano parte dell’arredamento originario della Chiesa. |
![]() La volta |
![]() Interno della Chiesa |
La singolarità
di questa edificio è data dall'anomalia delle mezze campate del corpo
principale della piccola Chiesa, tant'è che si sono fatte diverse ipotesi
in proposito. |
Da “Infanzia come una sinfonia” di Paolo De Magistris di Castella:
"
Ai primi annunci dell'autunno, si richiudevano
le porte centrali (della Cattedrale) e il via vai per la chiesa avveniva dalla
sola porta laterale. Era il segnale che stava per giungere il tempo della novena
per S.Cecilia. Ancora qualche giorno e poi la funzione si sarebbe svolta alla
Purissima, per spostarsi poi alla chiesetta della Speranza.
E' questa un gioiello di gotico aragonese, a fianco della Cattedrale. Appartenente
per diritto di patronato ai Marchesi Aymerich di Laconi, veniva aperta il 9
dicembre per la Novena in preparazione della festa della Speranza, che si celebrava
il 18 dicembre.
La chiesa veniva aperta alle quattro del pomeriggio. Pilimeddu, il fedele maggiordomo
"nella prospera e avversa sorte", preparava il grande braciere di
rame luccicante, col coperchio a cupola di moschea, traforato, e lo disponeva
sulla porta perché il venticello che all'impazzata giuocava a infilarsi
nei budelli del Fossario e di via del Duomo, tenesse accesi i carboni per il
turibolo.
Lentamente affluivano Giuannicchedda, Ceciliedda, Teresedda e le altre germane
Aymerich, esponenti di una secolare tradizione di grandezza feudale ma al tempo
stesso incarnazioni viventi della semplicità e modestia che solo la religione
vissuta sa infondere. Si aggiungevano via via le Sanjust, le Amat, le Villahermosa.
La piccola chiesa si gremiva di marchesi e conti e baroni, assai lontani dalle
fosche vicende secentesche di Donna Francesca Zatrillas, dalle opulenze settecentesche
dei grandi di Spagna.
Celebrava il "cappellano dei nobili" canonico Puxeddu, bizzarro, intelligentissimo,
generoso, caustico e buono. Tremanti voci formavano un coro, potente solo per
la fede che lo animava.
Un lieve sentore di mandarino si spegneva nel rarefatto gelo della tramontana,
mentre Pilimeddu conservava fino ad un altro anno il braciere e i paramenti
."