La vestizione dell'Assunta (Cagliari)

Ogni anno, all'approssimarsi del ferragosto, un gruppo di donne si ritrova nella cattedrale cagliaritana. Da una cassa, conservata in sacrestia, tolgono il simulacro dormiente della Madonna Assunta. Lo puliscono, lo rivestono, lo adornano con fiori; quindi, in piccolo corteo, dopo averlo deposto su una lettiga, lo mettono al centro della navata principale. Dalla cerimonia della vestizione sono rigorosamente esclusi gli uomini. Anzi, vi possono prendere parte solo le donne appartenenti a tre delle più nobili famiglie cagliaritane: Amat, Manca di Villahermosa, Sanjust.
Il rito si ripete seguendo una tradizione vecchia di quasi due secoli. Tutto iniziò ai primi dell'Ottocento, quando- scappando dal Piemonte invaso dalle truppe napoleoniche- i Savoia fecero di Cagliari la sede provvisoria della loro residenza.
La vita a corte non era certo turbinosa. La casa reale piemontese- neppure a Torino- si distingueva per feste e divertimenti. Anzi, le cronache ce la descrivono come molto severa, austera, riservata. Tanto lontana dalla società da usare il francese, al posto dell'italiano, come lingua domestica. A Cagliari, poi, la vita doveva essere addirittura monotona, triste, vista l'assoluta mancanza di occasioni mondane.
Maria Cristina di Borbone, sposatasi nel 1807 con Carlo Felice, ebbe sicuramente più di un sussulto, nel trasferirsi dalla sua casa natale, allegra e rumorosa, al palazzotto di Cagliari dove le giornate trascorrevano silenziose, le une uguali alle altre.
Cuciva e ricamava, rincuorata solo dalla compagnia di qualche dama: le più assidue erano le Amat, le Manca di Villahermosa e le Sanjust.
Fu sicuramente durante le interminabili serate trascorse a lavorare con l'ago e con l'uncinetto che nacque, in quelle dame, l'idea di ripristinare una delle più antiche tradizioni di Cagliari e della Sardegna: quella della Vergine Assunta. A portare il culto dell'Assunta nell'isola erano stati i greco-bizantini, quando la nostra regione era stata assegnata a Costantinopoli, dopo la caduta dell'impero romano.
A tale provenienza si deve il fatto che la Madonna venga rappresentata dormiente, su una lettiga, e non trionfante, come nella tradizione della chiesa romana. La simbologia è comune alle 18 parrocchie sarde dedicate all'Assunta e alle oltre cento feste ad essa dedicate che si svolgono nell'isola. Così come è comune la ritualità: la festa celebrata il 15 agosto, la confraternita di "obreras" a cui è affidata la vestizione e la successiva svestizione. Anche a Cagliari, in cattedrale, c'era una confraternita di donne che si occupava dell'Assunta. Se ne trovano tracce in documenti pisani e spagnoli cui si sono rifatti studiosi come Ducellier, Angius, Tola, Costa e Alziator.
In cattedrale, a Cagliari, le obreras erano sempre appartenenti alla nobiltà. Per ragioni ignote, però, la tradizione era andata scemando dopo la dominazione spagnola. A farla rivivere furono Maria Cristina di Borbone e le donne delle casate Amat, Manca di Villahermosa e Sanjust.
Sin qui le notizie accertate. Ciò che rimane nel vago è la provenienza del simulacro della Vergine e quella della lettiga, oltre all'epoca della scultura del primo e della confezione della seconda. Secondo una tradizione orale- ricorda Bona Manca di Villahermosa- fu lo stesso Carlo Felice, marito di Maria Cristina, che ordinò la statua ad un artigiano della scuola barocca di Napoli. C'è, però, anche chi sostiene che lo stesso Viceré portò con sé il simulacro, di ritorno da Palermo dove si era recato per sposarsi. In base ad un'altra ipotesi, infine, fu la delegazione sarda presente al matrimonio ad acquistare la statua per donarla alla città. Ne facevano parte Stefano Manca di Thiesi, poi di Villahermosa, la moglie Anna Maria Manca di Mores, e la sorella Francesca Manca di Villarios. È più probabile che il simulacro sia stato voluto da Carlo Felice, visto che fu proprio lui a regalarlo all'amministrazione comunale, insieme con la lettiga; questa, sicuramente opera di un artigiano siciliano di scuola barocca napoletana. Gli studiosi sono incerti sulla sua datazione: si parla, con approssimazione, di un periodo oscillante tra gli ultimi anni del '600 e i primi dell'800.
Una volta che simulacro e lettiga giunsero a Cagliari, si decise di resuscitare la tradizione dell'Assunta. Fu Maria Cristina- sin che rimase in città- a presiedere la vestizione. Collaboravano le dame di corte: Francesca Amat, marchesa di Villarios, giovane e bellissima; Javotte Chabod Sanjust, baronessa di Teulada; Teresa Amat Vivaldi, marchesa di Pasqua; le donne Manca di Mores, poi di Villahermosa. Il privilegio si spiega facilmente: queste nobili partecipavano alla vestizione perché erano state loro, insieme con Maria Cristina, a confezionare l'abito in raso di seta della Madonna ed a ricamarlo con fili d'oro. Nessun diritto per i maschi di queste stesse famiglie nobili, se non la partecipazione al rinfresco che seguiva la vestizione e che veniva offerto nella sala del Capitolo Metropolitano. Si trattava della "carapigna", il sorbetto gelato preparato con la neve del Gennargentu.
Prima di lasciare la Sardegna, nel 1815, Carlo Felice donò statua e lettiga al Comune la cui sede, allora, era in Piazza Palazzo. Il Viceré, inoltre, regalò alla Madonna anche la sua corona, oggi conservata nel tesoro della Cattedrale. Anche Maria Cristina lasciò un'eredità. Confermò alle dame Amat, Manca e Sanjust il privilegio esclusivo di provvedere alla vestizione ed alla svestizione del simulacro in occasione della festa di mezzo agosto.
Il Comune custodì il dono, nella cappella all'interno del palazzo municipale, sino ai primi del Novecento, quando la sede amministrativa venne trasferita nel nuovo edificio di Via Roma. A distogliere le autorità civili da quell'incombenza religiosa concorse anche il clima del periodo, politicamente influenzato dalla massoneria. Logistici o ideologici che fossero i motivi, è certo, comunque, che statua e lettiga non entrarono mai nel nuovo palazzo di fronte al porto. Vennero affidate dal Comune al Capitolo della cattedrale che ne è, tuttora, il custode.
Il cambio di proprietà non interferì con il privilegio reale alle dame delle tre famiglie cagliaritane. Anche nell'agosto scorso, quindi, Bona Manca di Villahermosa- la decana- ha tolto dai due cassettoni, che custodisce nella casa avita di Villa d'Orri, gli abiti dell'Assunta e li ha portati nella sacrestia della cattedrale. Insieme con le sue parenti, ha pulito il simulacro, quindi è iniziata la vestizione.
Una preghiera segna l'inizio della cerimonia e ne sottolinea il carattere di stretta devozione religiosa. Poi, alla Vergine viene fatto indossare l'abito in raso di seta, color crema, ricamato con filo d'oro e impreziosito da pietre dure. La vita è stretta da una cintura, anch'essa di raso. Sull'abito, due teli di raso celeste scendono dagli omeri sino ai piedi. Sul capo della Madonna viene messa una parrucca, confezionata con le trecce di Andreina Manca di Villahermosa che se le recise una quarantina d'anni orsono. Quindi viene sistemato il diadema, in metallo non prezioso, da cui parte il velo bianco che ricopre, come un sudario, l'Assunta dormiente sino ai piedi, lasciando scoperto solo il viso. Finita la vestizione, il simulacro è adagiato sulla lettiga- restaurata proprio lo scorso anno- ed è trasferito in processione, al centro della navata principale. Dieci angioletti dorati vengono collocati attorno alla "lettessa": tre per ciascun lato, due ai piedi e due alla testa. Le statuine servono anche per reggere un velo finissimo e trasparente che ricopre l'insieme. Infine, si sistemano quattro candelieri, uno per ciascun vertice. Sino al 1943, attorno alla lettiga veniva disposta, sui quattro lati, una piccola recinzione in ferro battuto, stile impero, rubata durante il periodo dello sfollamento e non più reintegrata.
Data di vestizione e svestizione della statua non sono fisse. Generalmente avvengono prima del triduo che precede la festa del 15 agosto e subito dopo le funzioni settimanali che la seguono. Con l'andare del tempo, sono le esigenze delle visite turistiche a determinare il calendario dell'appuntamento tradizionale. Ma quelle esigenze non interferiscono con lo spirito religioso del rito. La preghiera, il silenzio assorto che circonda e accompagna i gesti consueti di questa liturgia tramandata per generazioni, dicono che vestizione e svestizione dell'Assunta rimangono come testimonianza di una pietà cristiana profondamente sentita.
A non ripetersi più, e forse sarebbe il caso di riesumarle, sono altre formalità. Gli inviti, con i quali si chiamavano le nobildonne ad intervenire alla "Seu por la vesticion di Nuestra Senora de l'Assunta" e quel piccolo ricevimento, nell'aula del Capitolo Metropolitano, a base di "carapigna".


Di Francesco Depau tratto da "Almanacco di Cagliari-1989"