Albero genealogico della famiglia Aymerich

La famiglia Aymerich, proveniente dalla Catalogna, si trasferì in Sardegna nel XIV secolo, dove passò per la prima volta nel 1326, facendo però ritorno in patria dove aveva i propri interessi: Pietro fu ambasciatore della Città di Cagliari presso il Re Don Pietro IV, nell'Ottobre 1358.
Matteo figura residente a Cagliari nel 1370.
Nel 1441 un canonico Nicola ottenne dal Re Don Alfonso V la prebenda della Parrocchia di San Giacomo.
I primi a sistemarsi definitivamente a Cagliari furono i fratelli Nicola e Martino (probabilmente nipoti del suddetto canonico). Nicola fu eletto Consigliere della Città nel 1463 e fu padre di un altro Martino, canonico della Cattedrale.
Martino, Secondo Consigliere di Cagliari nel 1454, ebbe l'importante e lucroso ufficio di Console dei Siciliani e fu inviato come ambasciatore della Città a Barcellona presso la Corte del Re Don Giovanni II nel 1458. Morì nel 1469.
Dal suo testamento in data 28 Settembre 1466 si desume che avesse numerosi figli fra cui Giacomo (1), Pietro e Giovanni Nicolò (2).
Pietro ereditò dal padre la carica di Console dei Siciliani (1470), eletto per due volte come Consigliere Capo della Città (1480 e 1484), ottenne l'appalto delle Dogane Reali nel 1485. Nello stesso anno Violante Beltran Carroz lo nominò procuratore (podatario) ed amministratore del Marchesato di Quirra, si trattava di un patrimonio che copriva circa 1/6 del territorio isolano. Nel 1480 acquistò dai Dedoni la signoria di Gesturi e nel 1481 venne convocato al Parlamento celebratosi ad Oristano. Acquistò, sempre dai Dedoni, la Signoria di Mara Arbarei nel 1486. Sposa Serena Fortesa, appartenente alla nobiltà dell'isola. Furono suoi figli Salvatore, Gerolamo, Giacomo e Francesco. Questi due ultimi non lasciarono discendenza.
Da Gerolamo Aymerich y Fortesa discendono Pietro (3), Cristoforo (4) e Salvatore (5). Questa linea si etinse agli inizi del XVII secolo.
Salvatore Aymerich y Fortesa, (+ 1495) 2° signore di Mara, erede dei possessi paterni. Il 30 Gennaio 1494 fondò nella Cattedrale di Cagliari un beneficio sotto l'invocazione della Beata Maria Vergine della Speranza. Si sposò con Violante Boter, e morì in giovane età nel 1495 lasciando un unico figlio maschio di nome Salvatore, sotto la tutela dello zio Giovanni Nicolò.
Don Salvatore II Aymerich y Boter, 3° Signore di Mara, nacque a Cagliari il 23 Maggio 1493. Rimasto orfano di padre all'età di soli due anni, crebbe sotto la tutela dello zio Giovanni Nicolò.

Presto si dimostrò così saggio e maturo che, appena quattordicenne, ottenne da parte del Re il supplemento d'età, che gli dava la facoltà di amministrare i propri beni senza tutela alcuna (30-I-1507).
Nel 1518 volle arricchire la Parrocchiale di Villamar intitolata a San Giovanni Battista, con un magnifico retablo con fondo in oro punzonato, raffigurante il battesimo di Gesù, le stimmate di San Francesco, San Giovanni Battista e l'arcangelo Gabriele, commissionato al celebre pittore stampacino Pietro Cavaro.
Ottenne il Diploma di Nobiltà il 20.12.1521. Fu sindaco della Stamento Militare presso la Corte a Madrid nel 1524, ottenendo l'esenzione del donativo straordinario in occasione delle nozze reali. Primo sardo a ricevere il diploma di Cavaliere dell'Ordine di Sant'Jago della Spada nel 1534. L'anno successivo prese parte all'impresa di Tunisi e fu nominato da Carlo I (V Imperatore) Governatore della fortezza di La Goletta. Lo stesso Imperatore gli concesse di fregiare il suo scudo con l'Aquila Bicipite Imperiale (20.12.1535).
Accrebbe il patrimonio della famiglia con notevoli speculazioni finanziarie e compravendite di feudi.
Fu coinvolto nelle fazioni che divisero l'aristocrazia e sconvolsero la Città di Cagliari in quell'oscuro periodo. Capeggiò la consorteria di nobili che avversò il Viceré Cardona quando questi prese alcuni provvedimenti drastici di epurazione contro le malversazioni e gli intrighi della feudalità locale che, sdegnata, si coalizzò dimenticando rivalità e rancori familiari. Si riunirono quindi le famiglie Aymerich, Zapata, Aragàll, Cervellòn, Alagòn del Capo di Sotto e i Manca, Fogondo, Virde, Bellit e De Sena del Capo di Sopra. Nel 1541 questi temibili avversari tramarono contro il Viceré e la Viceregina, e contro l'Avvocato Fiscale Giovanni Antonio Arquer, accusandoli di stregoneria ed eresia. I Cardona furono costretti a tornare in Spagna dove dovettero discolparsi. L'Arquer passò più di un anno in carcere, ma successivamente fu scagionato e riabilitato nella sua carica.
Quando, parecchi anni dopo, gli Aymerich e i fratelli Filippo e Melchiorre Torrellas furono accusati pubblicamente dal Consigliere della Città Bartolomeo Selles di praticare mercato nero del grano impedendo la formazione delle riserve cittadine (insierro), la conseguenza fu quella di un aperto conflitto tra le famiglie. Dopo un aggressione subita dal Selles una domenica davanti alla Cattedrale (13 Aprile 1552) furono tratti in arresto i Torrellas, Salvatore e Giacomo Aymerich e, per una forma politica di equilibrio, lo stesso Selles. Il fratello di questi, Gerolamo, sentendosi in pericolo, si nascose nel Convento di San Domenico di Villanova, dove una notte fu barbaramente trucidato da una banda di vassalli agli ordini di Pietro Aymerich che irruppe nell'edificio violandone il diritto d'asilo. Fu incaricato dell'indagine l'Avvocato Fiscale Sigismondo Arquer, figlio di Giovanni Antonio, che confermò gli arresti precedenti. Pietro riuscì a fuggire e trattandosi di un chierico coniugato, esente dalla giurisdizione del braccio secolare, chiese ed ottenne il condono per i fatti avvenuti al Penitenziere Maggiore della Sede Apostolica.
Quando il Viceré de Heredia morì, fu nominato, in attesa del nuovo viceré, Presidente del Regno Don Gerolamo d'Aragàll, interamente dalla parte degli Aymerich. Con un pretesto di conflitto di interessi l'Arquer fu esonerato dalle indagini e successivamente dall'incarico di Avvocato Fiscale (nel 1563 fu arrestato dall'Inquisizione di Valenza con l'accusa di aver mantenuto rapporti con i luterani e di diffondere le loro idee protestanti in Spagna e in Sardegna. Morì su rogo nell'auto da fé di Toledo il 4 Giugno 1571). Il suo successore si affrettò a dichiarare Don Salvatore Aymerich del tutto estraneo agli avvenimenti occorsi (sentenza del 7 Ottobre 1556).
Nel 1563 formò una Compagnia di Cavalleria per combattere i pirati turchi e barbareschi che depredavano le coste della Sardegna.
Dai suoi due matrimoni gli nacquero quattro figli: Don Gaspare, morto in pupillare età, Donna Anna andata in sposa al Marchese di Laconi Don Giacomo di Castelvì, Donna Brianda sposata con Don Francesco di Castelvì, e infine Don Melchiorre. Ebbe anche un figlio spurio, Giacomo, che fece studiare all'Università di Pisa e si laureò in utroque iure. Quest'ultimo si sposò con Anna Selles, figlia di quel Gerolamo, ucciso a tradimento nel Convento di San Domenico.
Morì il 28 Luglio 1563 e fu sepolto accanto ai suoi avi nella Chiesa della Speranza.
Suo figlio Don Melchiorre Aymerich y Aymerich (1559 + 1608), 4° Signore di Mara, fu Capitano della Milizia a Piedi nel 1571, Cavaliere di Sant'Jago della Spada il 26 Ottobre 1602 e Deputato dello Stamento Militare presso Don Filippo III di Spagna nel 1605. Dopo una lunga controversia con i suoi vassalli, il 28 Gennaio 1587 concesse 28 Capitoli di Grazia che regolamentavano l'amministrazione del feudo e introducevano importanti novità nella gestione del territorio. Sposa in I nozze Donna Gerolama Bellit da cui: Donna Giovanna Francesca e Don Melchiorre, premorto al padre, Donna Isabella, per eredità di sua madre Signora delle Baronie di Acquafredda, Monastir e Nuraminis, morta assassinata nel Castello di Laconi dal marito Don Salvatore di Castelvì, Donna Giovanna Maria, Donna Eufrasia, Donna Caterina, Don Giovanni Battista e Don Cosimo (Cavaliere dell'Ordine di Montesa nel 1605) anche questi ultimi premorti al padre. In II nozze trasse matrimonio con Donna Marianna Canì y Bacallar il 7 Gennaio 1607 da cui Donna Maria Benedetta, sposa di Don Antioco Canì y Zapata, e Don Ignazio.
Don Ignazio Aymerich y Canì, (1608 + 1663) 5° Signore di Mara e 1° Conte di Villamar. Nato postumo, ereditò i beni della famiglia ed ebbe, come curatrice e tutrice fino al raggiungimento della maggiore età, sua madre Marianna. Cavaliere dell'Ordine di Calatrava nel 1635.
Inviato, al comando di una compagnia di cavalleria, ad ostacolare le squadre francesi capeggiate da Enrico di Lorena che attaccarono la Città di Oristano il 21 Febbraio 1637, si distinse per il suo coraggio. Il 26 dello stesso mese per raggiungere l'avanguardia sarda attraversò a nuoto il fiume Tirso sotto il fuoco nemico, e unendosi ai suoi si gettò per primo nella mischia contribuendo alla vittoria della giornata.
Il Re Don Filippo IV con diploma del 20 Aprile 1643 erigeva la Signoria di Mara in Contea di Villamar. Ebbe burrascosi rapporti con i vassalli e, nel febbraio del 1651, firmò altri 18 Capitoli di Grazia, confermando nel contempo i 28 concessi dal padre.
Si sposò il 15 Novembre 1628 con Donna Anna de Cervellòn da cui ebbe sette figlie femmine e sette figli maschi, tra cui Don Melchiorre, primogenito premorto al padre, Don Salvatore, Don Silvestro, e Don Demetrio (6).
Don Salvatore III Aymerich y Cervellòn, (1634 + 1709) 2° Conte di Villamar e Don Silvestro Aymerich y Cervellòn (1647 + 1671) furono legati alle quelle fosche vicende che sconvolsero l'Isola alla fine del XVII secolo.
La notte del 20 Giugno 1668, mentre faceva ritorno a casa, Don Agostino di Castelvì venne raggiunto da una scarica di colpi mortali, per mano di ignoti sicari. La morte della "Prima Voce" dello Stamento Militare sconvolse la fazione nobiliare, che imputò l'omicidio all'autoritarismo del Viceré Don Emanale de los Cobos Marchese di Camarassa, avverso al Castelvì, capo dell'opposizione anti-governativa in Parlamento. I nobili legati alla casa Castelvì puntarono alla vendetta privata e ordirono l'assassinio dello stesso Viceré.
Il 21 Luglio 1668, tornando in carrozza con la sua famiglia dalla messa per festeggiare la SS. Vergine del Carmine, il Viceré fu colpito da diverse archibugiate che lo ferirono a morte.
L'uccisione del Camarassa suscitò grandi preoccupazioni a Corte, perché si ritenne fosse dovuta non a una vendetta privata, bensì a un motto di ribellione verso la Corona. La Regina reggente, Marianna D'Austria, preoccupata per tale situazione, nominò come nuovo Viceré il Marchese di S. Germano Don Francesco di Tutavila che sbarcò nell'Isola con un robusto contingente di soldati. Egli annullò i primi processi iniziati sotto la reggenza del potere viceregio di Don Bernardino Mattia de Cervellòn, Presidente del Regno, e ne iniziò di nuovi accusando di essere i mandanti dell'assassinio del Marchese di Laconi la moglie di questi, Donna Francesca Zatrillas Marchesa di Sietefuentes e il giovane cugino Don Silvestro Aymerich, che si erano sposati appena tre mesi dopo la morte di Don Agostino.
Furono subito identificati gli assassini del Viceré e vennero imputati dell'omicidio il Marchese di Cea Don Jaime Artal de Castelvì, Don Francisco Cao, Don Francisco Portugues, Don Antioco Brondo e Don Gavino Grixoni e ancora Donna Francesca Zatrillas e Don Silvestro Aymerich. Dopo un contraddittorio processo questi furono tutti condannati a morte e alla confisca dei beni per alto tradimento e lesa maestà. I maggiori esponenti della nobiltà sarda coinvolti nella tragedia furono tratti in arresto e trasferiti in Spagna. Tra questi il Vescovo di Ales, Don Bernardino de Cervellòn, Don Salvatore Aymerich, Don Gerolamo Zonza.
I congiurati, insieme a Donna Francesca Zatrillas e Don Silvestro Aymerich, abbandonarono l'Isola e si rifugiarono prima in Corsica e poi a Nizza dove vennero accolti dai Savoia. Qui nacque il loro unico figlio, tenuto a battesimo dal Governatore Antonio di Savoia, cui furono imposti i nomi di Gabriele Antonio Carlo portati dai tre principi sabaudi.
Persuasi con l'inganno a tornare in Sardegna, il Marchese di Cea, Don Francesco Cao, Don Francesco Portugues e l'Aymerich furono assaliti a tradimento sull'Isola Rossa. Tranne Jaime Artal de Castelvì furono tutti trucidati e le loro teste furono portate infilzate nelle picche in un macabro corteo che attraversò tutta la Sardegna. Era il 27 Maggio 1671. Il Marchese di Cea, fu trasportato in catene a Cagliari dove fu decapitato nella plazuela. Le quattro teste mozzate furono esposte come monito per diciassette anni alla Torre dell'Elefante.
Don Salvatore III Aymerich ottenne la grazia sovrana nel 1676 e poté finalmente tornare in Sardegna. Combatté contro i ribelli in Catalogna nel 1680. Acquistò, nel 1682, il salto della Minerva. Sposato con Donna Maria Manca y Ledà, erede della Contea di Bonorva e della Baronia di Pozzomaggiore, ebbe tre figli, di cui un unico maschio Don Ignazio.
Cavaliere di Calatrava nel 1709, morì poco dopo in Cagliari.
Don Ignazio II Aymerich y Manca, (1633 + 1709) 3° Conte di Villamar, ereditò anche i titoli materni. Si sposò due volte, in I nozze con Donna Anna Maria Zapata da cui non ebbe figli, in II nozze con Donna Maria Asquer da cui ebbe un unica figlia femmina, Donna Anna Maria. Morì pochi mesi dopo suo padre e con lui si estinse il ramo principale della famiglia.
Fu dichiarato abile alla successione Don Gabriele Antonio Aymerich y Zatrillas (1670 + 1716). Egli aveva ottenuto la riabilitazione dei suoi genitori con un lungo rescritto il Re Don Carlo VI in data di Barcellona 13 Agosto 1709 in cui affermava che essendo stato verificato che l'omicidio del Viceré Camarassa non era stato compiuto con intenzione di lesa maestà, bensì come vendetta privata e personale, si degnava di accordare che gli venissero restituiti i beni, gli onori e la dignità di cui essi erano stati privati.
Alla successione di Don Gabriele Antonio si oppose il fratello di suo padre, Don Demetrio Aymerich y Cervellòn, il quale pretendeva non essere il nipote figlio legittimo in quanto era da ritenersi nullo il matrimonio di Don Silvestro e Donna Francesca perché nella bolla di dispensa papale per consanguineità non era stata fatta menzione essere essi stati dichiarati gli autori dell'omicidio del Marchese di Laconi.
La causa fu vinta nel 1710 da Don Gabriele Antonio che ebbe dalla Reale Udienza l'assegnazione del feudo. Fu, quindi, 4° Conte di Villamar. Egli rientrò in possesso anche dei feudi materni, e mantenne il titolo di Marchese di Sietefuentes fino al 1714, quando perse la lite contro gli altri pretendenti, che si erano già spartiti il feudo dopo la condanna di Donna Francesca.
Si sposò in prime nozze con Donna Caterina Brunengo da cui ebbe due figlie femmine, Donna Francesca, andata in sposa a Don Giovanni Battista Borro y Brondo, e Donna Anna Maria sposata con Don Antioco Carnicer y Asquer. In seconde nozze tolse in moglie Donna Maria Caterina di Castelvì y Sanjust, 12a Viscontessa di Sanluri, 7a Marchesa di Laconi, Baronessa di Ploaghe, discendente di quel Don Anastasio nominato come erede dei titoli nel testamento di Don Agostino di Castelvì. Da lei ebbe due figli, Don Giuseppe Antonio, morto a pochi mesi, e Don Antonio Giuseppe.
Don Gabriele Antonio morì poco dopo la nascita di suo figlio.
Don Antonio Giuseppe Aymerich y Castelvì, (1717 + 1743) 5° Conte di Villamar, non ereditò mai i titoli materni, perché premorì a Donna Caterina a causa di un incidente occorsogli durante una partita di caccia. Egli aveva sposato Donna Maria Tommasa Brancifort y Genoves, appartenente alla famiglia siciliana dei Principi di Buttera, da cui ebbe numerosi figli, tra cui Don Ignazio, Donna Maria Francesca, sposata con Don Francesco Amat y Masones Marchese di Villarios, Donna Maria Caterina, sposata con Don Giacomo Manca y Amat dei Marchesi di Mores (7) e Don Michele. Quest'ultimo fu nominato Vescovo della Diocesi di Ales e Torralba nel 1788. Si laureò in Diritto Canonico e Civile a Torino e fu Canonico e Decano del Capitolo di Cagliari e Giudice del Tribunale delle Contestazioni. Nel Marzo 1793 fu delegato dallo Stamento Ecclesiastico, per presentare al Re Vittorio Amedeo III le "cinque richieste" che consistevano: 1°) Convocazione degli Stamenti ogni 10 anni; 2°) Mantenimento dei privilegi del Regno; 3°) Nomina agli impieghi militari e civili e ai quattro Arcivescovati dei nativi dell'Isola; 4°) Creazione di una terza sala nella Reale Udienza che, tra l'altro, controllasse anche l'operato del Viceré ; 5°) Costituzione di un Ministero che avrebbe dovuto occuparsi solo della Sardegna. Le richieste furono rifiutate con la conseguenza che il popolo si ribellò e i piemontesi furono cacciati dall'Isola il 28 Aprile 1794. Le domande furono accettate pochi anni dopo con un Regio Diploma dell'8 Agosto 1796.
Don Ignazio III Aymerich y Brancifort, (1735 + 1820) 6° Conte di Villamar, per eredità della nonna Donna Maria Caterina di Castelvì, 13° Visconte di Sanluri, 8° Marchese di Laconi, Barone di Ploaghe, Signore di Stunnu, Crastu, Lionesu, Riutortu e Montis de Ledda. Grande di Spagna di 1a Classe, Prima Voce dello Stamento Militare, carica inerente al Marchese di Laconi. Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Nel 1774 fu delegato dei tre Stamenti per il giuramento di fedeltà per l'avvento al trono del Regno di Sardegna di Vittorio Amedeo III.
Si sposò con Donna Maddalena Zatrillas y Manca Guiso dei Marchesi di Villaclara, da cui ebbe8 figli, tra cui Don Ignazio, Donna Maria Tomasa, andata in sposa a Don Giuseppe Simon Marchese di Samassi, Donna Anna Maria, sposata con il Conte di S. Michele Carlo Rebuffo e Don Francesco (8).
Don Ignazio IV Aymerich y Zatrillas, (1766 + 1827) 7° Conte di Villamar, 14° Visconte di Sanluri, 9° Marchese di Laconi, Barone di Ploaghe, Signore di Stunnu, Crastu, Lionesu, Riutortu e Montis de Ledda. Grande di Spagna di 1a Classe, Prima Voce dello Stamento Militare. Cavaliere Gran Croce dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Scudiere di S.A.R. la Duchessa del Genevese e nel 1814 fu Gentiluomo di Camera di S.M. il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Generale della Cavalleria Miliziana nel 1820.
Sposa il 29 Luglio 1801 Donna Giovanna Ripoll y Nin, dei Marchesi di Neoneli da cui ebbe due figli: Don Ignazio e Donna Cristina sposata col Generale Carlo De Candia.
Don Ignazio V Aymerich y Ripoll, (1808 + 1881) 8° Conte di Villamar, 15° Visconte di Sanluri, 10° Marchese di Laconi, Barone di Ploaghe, Signore di Stunnu, Crastu, Lionesu, Riutortu e Montis de Ledda. Grande di Spagna di 1a Classe, ultima Prima Voce dello Stamento Militare. Gentiluomo di Camera di Sua Maestà il Re Carlo Alberto.
Il 10 Luglio 1839 gli furono riscattati i feudi di Laconi, Sanluri e Ploaghe per un valore complessivo di 366.315 lire, corrispondente a una rendita di 18.315 lire annue.
Nel 1847, in qualità di Prima Voce dello Stamento Militare, fece parte della delegazione che presentò al Re Carlo Alberto la formale richiesta dell'unificazione amministrativa della Sardegna con gli Stati Reali di Terraferma. La fusione avvenne pochi mesi dopo e prevedeva la cessazione della carica viceregia e la chiusura definitiva del Parlamento autonomo.
Di convinzioni liberali e amico del Conte Camillo Benso di Cavour, Don Ignazio fu tra gli undici rappresentanti sardi eletti nel nuovo Parlamento Subalpino a Torino nel maggio 1848.
Dopo l'unificazione italiana, egli si occupò principalmente delle gravi problematiche della Sardegna analizzando le condizioni economiche dell’Isola in un difficile momento storico-politico, in cui la borghesia agraria era in netta contrapposizione con la borghesia capitalistica volta all’industrializzazione dell'Isola. Attirò l'attenzione sul gravissimo problema dell'agricoltura e dell'eccessivo frazionamento della proprietà terriera arrivando a chiedere l'espropriazione coattiva per pubblica utilità. Si occupò pure dei trasporti e delle comunicazioni, progettando l’installazione della rete ferroviaria, e discutendo le soluzioni proposte dalle varie commissioni di studio. Nel 1869 fu Presidente del comitato Popolare Cittadino quando una Commissione Parlamentare di inchiesta visitò la Sardegna per constatare le condizioni economiche dell'Isola (9).
Fu Consigliere Comunale e Provinciale di Cagliari. Più volte Sindaco di Laconi.
Si sposò il 3 Marzo 1832 con Donna Maria Teresa Pes dei Marchesi di San Vittorio da cui ebbe numerosi figli. Donna Maria Giovanna, andata in sposa al Barone Francesco Tola, Don Ignazio VI (1834 + 1895) che fu 9° Conte di Villamar, 16° Visconte di Sanluri, 11° Marchese di Laconi, Barone di Ploaghe, Signore di Stunnu, Crastu, Lionesu, Riutortu e Montis de Ledda. Grande di Spagna di 1a Classe, che morì senza figli, Don Giuseppe Carlo che fu 10° Conte di Villamar, 17° Visconte di Sanluri, 12° Marchese di Laconi, Barone di Ploaghe, Signore di Stunnu, Crastu, Lionesu, Riutortu e Montis de Ledda. Grande di Spagna di 1a Classe, che si sposò con Donna Marianna Sanjust dei Baroni di Teulada (Dama di Palazzo di Sua Maestà la Regina Margherita), Don Carlo che sposò Donna Giuseppina Rossi, Don Mario Enrico si sposò in prime nozze con Donna Maria Sanjust dei Baroni di Teulada e in seconde nozze con Donna Stefanina Manca dei Marchesi di San Placido, Donna Maria Caterina andata in sposa al Marchese di Villahermosa Don Stefano Manca, Don Emanuele, Donna Maria Cristina, Don Pietro che sposò Donna Annetta Sanjust dei Baroni di Teulada, Donna Maria Francesca andata in sposa a Don Luigi Sanjust Barone di Teulada, Donna Maria Assunta, morta bambina.
Da questi discendono i rami della famiglia Aymerich fiorenti.

 

BIBLIOGRAFIA


Note:

1) Giacomo Aymerich. Nel Parlamento del 1481 difendette le prerogative dello Stamento Militare e reclamò con fermezza il rispetto e la conservazione degli antichi privilegi contro le riforme che tentò di attuare il Viceré Ximénez Peréz Escrivá de Romaní. Fu eletto Consigliere Capo di Cagliari nel 1483. Morì nel 1494 senza figli.
2) Giovanni Nicolò Aymerich. Eletto per due volte Consigliere Capo di Cagliari nel 1497 e nel 1500. Ebbe due figli che non lasciarono discendenza Michele e Martino Matteo, canonico della Cattedrale. Fu tutore del nipote Salvatore II.
3) Pietro Aymerich. Nel 1533 fu riconosciuto nobile insieme col fratello Cristoforo. Nel 1554 protesse con suoi uomini i vasti litorali della Gallura dalle incursioni del corsaro Dragut e dai tentativi di sbarco francesi, nel 1567 fu nominato Governatore di Sassari.
4) Cristoforo Aymerich. Creato nobile assieme a suo fratello Pietro nel 1533, fu Vicario Reale di Cagliari e Consigliere Capo della Città nel 1557. Ebbe quattro figli tra cui Gerolamo che ebbe solo discendenza femminile e Pietro (senza figli) che fu il responsabile, assieme a suo fratello Giacomo, della morte di Gerolamo Selles trucidato nel Convento di San Domenico.
5) Salvatore Aymerich. Mantenne i rapporti con gli eredi dei Carroz, e nel 1513 fu incaricato da Pietro Maza Carroz di chiedere al Re la legittimazione di un suo figlio. Continuò ad amministrare i beni dei Maza de Liçana. Si sposò con Maria Margens da cui ebbe una figlia che andò in sposa a suo cugino Salvatore.
6) Don Demetrio Aymerich y Cervellòn. Si sposò con Donna Teresa Asquer da cui ebbe numerosa discendenza che si estinse nel XIX secolo con una Rita. Si dice anche che un ramo si trasferì in Spagna dove ancora fiorisce.
7) Da cui discendono gli attuali Marchesi di Villahermosa.
8) Don Francesco Felice Aymerich y Zatrillas. Generale della Cavalleria Miliziana di Cagliari. Primo Scudiere di Sua Maestà la Regina di Sardegna (1807). Ebbe tre figli spuri, da una certa Priama Manca da Laconi, che presero il cognome Laconi.
9) Fra le sue opere: Lettere del Marchese di Laconi, Senatore del Regno, deputato al Parlamento, al Marchese di Cavour, sul tracciato delle ferrovie in Sardegna, s.l., s.d.; Discorso pronunciato al Senato del Regno di Torino dal Senatore Ignazio Aymerich nella tornata del 2 Settembre 1860, s.l., s.d.; Considerazioni sul tracciato di ferrovia nell'Isola di Sardegna, Torino 1961; Nuovi riflessi sul tracciato delle ferrovie in Sardegna Cagliari 1962; Sul progetto di perequazione dell'imposta prediale nel Regno d'Italia. Osservazioni, Cagliari, 1863; L'assassinio del Marchese di Laconi, 21-6-1668, Cagliari, 1868; Stato della Sardegna e suoi bisogni, specialmente riguardo alla proprietà e all'agricoltura, Cagliari 1869; Inchiesta sulle condizioni dell'Isola di Sardegna, Cagliari, 1869; Relazione su un progetto di ferrovia consortile, Cagliari, 1872.

 

 

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